Pranzo con un amico, ha un po’ più di 40 anni. A Milano oggi c’è il sole, il cielo è terso, chiacchieriamo mentre usciamo dal bar.
“Avrei voglia di parlare ancora con te” mi dice sorridendo “ma come ogni mercoledì vado da mio padre.”.
So che suo padre abita a Brescia ed è malato, non grave, ma si sta lasciando andare, come molti anziani. La madre non c’è più e di lui si prendono cura la figlia e scopro oggi, il mio amico.
“Non sapevo che andassi tutte le settimane a Brescia, non è lontano ma tra andare e tornare…”
“Sì, è complicato, anche per il lavoro. Mezza giornata tutte le settimane non è facile” mi risponde ” ma ci vado comunque”
“Lo vedi volentieri tuo padre?” gli domando sapendo che ha avuto un’infanzia e un’adolescenza turbolenta.
“Non so. Non sempre. Talvolta entro e mi affretto alla poltrona dove sta seduto tutto il giorno perchè voglio verficare se è peggiorato, o se invece sta un po’ meglio. Altre invece, è una fatica immensa, io che gli faccio domande e lui che intanto tiene la tv accesa a volume altissimo.”
Lo guardo. Tiene gli occhi bassi e capisco che ha bisogno di dire ciò che mi sta confidando.
“C’è una signora che va ad aiutare mia sorella, gli fa da mangiare, gioca a carte con lui, sta attenta che non cada”
“Riesce a lavarlo?” chiedo. Ricordo che il padre è un uomo alto, corpulento, non deve essere facile metterlo nella vasca o sotto la doccia.
“No.Lui non vuole. Non vuole più lavarsi, si oppone, grida.” fa una pausa “l’unico che può lavarlo sono io.”
Di questo non si parla. Degli umori del nostro corpo, dell’urina, delle feci, della saliva dei malati e delle quali qualcuno, più spesso qualcuna, si deve occupare.

Di questo non si parla: le secrezioni corporali sono le grandi rimosse della nostra società e non rientrano nei nostri discorsi.
In una società spesso asettica, dove la malattia e la morte sono state rimosse dai discorsi quotidiani e dove gli anziani non compaiono quasi mai, il 2% dice il Censis, nelle immagini televisive, menzionare ciò che i corpi emettono, è ritenuto vergognoso.
Ma della pulizia, spesso faticosissima – che si provi a pulire lavare asciugare un invalido o un anziano che non vorrebbe essere toccato: impresa che mette a dura prova la nostra pazienza e forza- della pulizia dicevamo bisogna che qualcuna/o si occupi: le donne principalmente ma anche tanti uomini.
“Ce la fai?, Resci a lavarlo?” so per avere fatto esperienza con mio padre che è un’impresa difficile e dura: quell’uomo, quella donna, che ti ha generato, che per decenni si è preso cura di te, ora giace in un letto.
E non profuma, e non collabora, e si mostra in tutta la sua fragile, abbandonata nudità.
Non è facile per un figlio, per una figlia, prendere contatto col corpo nudo di un vecchio Padre o di una Vecchia Madre.
Si deve abbattere il muro del pudore che per decenni aveva mantenuto la discrezione nei rapporti.
Solo quando eravamo piccoli godevamo dell’intimità dei nostri corpi: ma allora erano corpi giovani, lisci, odorosi di buono.

“L’altro giorno” continua l’amico “sono arrivato e la badante era indispettita “meno male che è arrivato ” mi ha detto “suo padre si è tutto sporcato. Non ha voluto andare in bagno velocemente. E non vuole essere lavato”
Penso al quel capolavoro di piece teatrale della Societas Raffaello Sanzio “Sul Concetto di Volto nel Figlio di Dio” dove in uno spazio bianchissimo con il VOlto di Cristo a fare da sfondo, un Figlio accudisce un vecchio padre e ogni volta che prova ad uscire di casa dopo averlo lavato, l’uomo si sporca, lo spazio viene lordato, e i due uomini, il Figlio e il PAdre, si confrontano su un terreno terribile dove la disperazione è la cifra della relazione: il PAdre umiliato vuole annientarsi abbandonandosi all’umiliazione di essere tra i suoi escrementi, il Figlio grida la sua impazienza e il suo rigetto per ciò che deve fare.
E che comunque farà ancora. E ancora. E ancora.

“Ti da fastidio lavarlo? Ce la fai?” chiedo all’amico che è un uomo elegante, riservato, sempre impeccabile.
Come farà a prendersi cura del Corpo del PAdre, a farsi carico, ad accettare che la vita sia anche in quella relazione di corpi, nell’esposizione di un Corpo malato ed esposto.

Mi guarda: “Ce la faccio. Torno ogni mercoledì perchè è l’unico giorno della settimana che avrà qualcuno a lavarlo.
E sono io a farlo. E io voglio, voglio veramente farlo.”
Fa una pausa “Non siamo mai stati così uniti, mai prima nella vita. Mai quando ero bambino. Mai da ragazzo.
Ora. Mentre lo lavo, e lui sta lì immobile, sì”

Si allontana.