Dal 2006 penso a quanto accaduto a Jennifer. Molto prima si parlasse di Femmincidio come “omicidio di una donna in quanto donna”, io avevo tenuto a mente, no meglio nel cuore, la vicenda di questa ragazza uccisa dal suo uomo. Uomo che però era sposato ad un’altra donna e che reagì uccidendo Jennifer quando lei gli confidò di essere incinta.
Più tardi si scoprì che la ragazza fu seppellita dall’uomo, che pensava così di non lasciare tracce. La trovarono invece e si scoprì che Jennifer era ancora via quando fu sotterrata.
Negli anni ho pensato spesso a Jennifer e al suo bambino o bambina.
Mi sono chiesta se in quegli attimi, forse, in cui si rese conto di essere là sotto, e spero che non sia accaduto, abbia sentito di essere senza scampo lei e la sua creatura.
Non ne ho mai scritto perchè ci sono fatti, come questo, che non hanno i connotati della cronaca bensì della tragedia. E la tragedia necessita di parole alte, del teatro o meglio ancora della poesia. Che ci aiuti ad elaborare quanto è accaduto.
E ieri è accaduto di nuovo. Un diciannovenne ha ucciso la sua ragazza incinta. Probabilmente non reggeva all’idea di essere padre.
Ragazze con le loro creature in grembo. E uomini che non vogliono essere padri.
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