Care amiche, cari amici che parteciperete domenica prossima al Family Day, vi chiedo di aiutarmi a comprendere il senso di questa manifestazione: non sono ironica, non ho preconcetti e sono aperta alle vostre motivazioni.
Per il momento la questione mi appare così.
Ad oggi sono semrpe scesa in piazza e credo che molti lo facciano, per ottenere diritti che ritenevo non rispettati: per le donne il 13 febbraio, contro le guerre, per il rispetto della 194. Scenderei in piazza molto volentieri oggi per il rispetto dei diritti civili in Iran; e per chiedere la liberazione subito, immediata del giovane AliAlNimr, a 17 anni incarcerato in Arabia Saudita per avere protestato a favore della libertà.
Insomma manifesto per chiedere ciò che credo ci spetti e che non abbiamo.
E dunque perchè la piazza il 31 gennaio?
Cosa chiederete? Ripeto, nessuna ironia nelle mie parole ma un reale interesse e un desiderio di comprendere.
La famiglia è un’istituzione che c’è, esiste; qualsiasi persona, uomo o donna vecchio o giovane ricca o no, può decidere di unirsi civilmente o davanti a Dio; e da noi possiamo dire che quasi sempre lo si può fare in assoluta libertà.
Vero è che ci si sposa meno e il numero dei matrimoni religiosi è calato drasticamente: le ragioni sono molteplici e comunque riguardano la sfera privata di ognuna/o, non possiamo certo obbligare al vincolo matrimoniale, credo che su questo si sia d’accordo, se sbaglio ditemelo.
Allora per cosa si scende in piazza?
Non per chiedere di poterci sposare e fare figli/e: quel diritto fortunatamente lo abbiamo già.
Quindi io comprendo che si scende in piazza contro.
Contro chi o cosa?
Contro la possibilità che altri/e determino liberamente le loro vite?
Ah.
A questo punto, la mia mano cerca autonomamente i tasti per scrivere la frase finale che chiude il documentario “Il Corpo delle Donne”: di che cosa abbiamo paura?
A differenza di altr/i che ho letto in questi giorni, io rispetto chi ha e vuole continuare ad avere una famiglia tradizionale. Non ne amo talvolta l’ipocrisia, questo no. Perchè ammetterete che chi spesso sente il bisogno di ribadire il sacro vincolo matrimoniale, conduce poi una vita che di sacro ha poco o nulla.
Ma rispetto profondamente chi è riuscito/a a creare una famiglia dove regna amore e rispetto, e dove un uomo e una donna decidono di essere Due nel senso più profondo e commovente.
Ma abbiamo convenuto che si è liberi di costruirsi una famiglia di stampo tradizionale dove regnino precetti cristiani.
Dunque che cosa temiamo mentre decidiamo di manifestare contro la libertà altrui?
Se mio figlio/a vedrà due ragazzi dello stesso sesso baciarsi, desidererà farlo?
Se mia moglie vede una donna accarezzare sensualmente un’altra donna, ci sarà pericolo che anche lei voglia provare?
E’ questo che temete?
Che la libertà altrui metta in discussione le nostre certezze?
Se è questo, amiche e amici, permettetemi di dire: rischiate.
Perchè che famiglia sarebbe quella che resta unita per dovere, per sotterfugi, per mancanza di verità?
Le conseguenze dell’amore, quando non è amore libero da ipocrisie, possono essere tremende. E lo constato giornalmente nelle scuole dove incontro ragazzini/e ingabbiate/i in ruoli imposti da famiglie cieche ai loro bisogni.
Nell’apertissima Norvegia dove ai nostri occhi italici, tutto è ammesso, conosco personalmente famiglie fantastiche tradizionali dove c’è una mamma, un papà, tre o quattro figli/e, nonni che si amano. E che aprono le porte ad amici gay di sesso maschile e femminile senza che questo abbia scosso le basi dei loro solidi nuclei familiari.
Si può fare.
Amrsi e lasciare che altri/e si amano.
E se posso dire: da qui a domenica interoghiamoci sulle motivazioni che ci condurranno nelle piazze.
Buona giornata
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