C’è un momento nella vita in cui non puoi più fingere; non lo decidi volontariamente, è il tuo corpo a decidere per te che il tuo far far finta può bastare, e che quel che ti resta lo vuoi vivere essendo ciò che sei.

Abbiamo iniziato parecchi anni fa noi donne, a mostrare di essere meno di quel che eravamo. “Siete le prime ad entrare nel mondo del lavoro, non siate troppo, non mostrate di sapere più dei vostri colleghi” ci veniva consigliato da più parti.

E come siamo state brave a fingere! Dopo un po’ ci veniva naturale mostrare di valere meno di quel collega, di quel capo. Perché dopo anni in cui ti poni dei limiti, la finzione diventa la tua realtà.

E non ci siamo nemmeno più arrabbiate se quel collega mediocre veniva premiato al posto nostro solo perché uomo: anni di adeguamento portano a credere che quei parametri, quel modo di pensare, quelle discriminazioni siano, in fondo in fondo, la vita.

All’inizio l’ambizione vola alta: abbiamo sempre saputo che la scommessa da vincere non era occupare una posizione come fossimo uomini, bensì occuparci di fare le cose “a modo nostro”, che non significa né meglio né peggio degli uomini: solo diversamente.

Ma dopo secoli di patriarcato non è stato possibile; e quindi a migliaia abbiamo accettato modi e tempi di lavoro maschili, a cui ci siamo adeguate; con che perdita per noi e per la società tutta? ancora non è stato valutato.

E vado in giro per l’Italia e le riconosco da uno sguardo quei talenti sprecati, quelle teste di ragazze chine, quelle brave brave, tenute lì in posizioni mediocri solo perché donne, solo perché il loro modo di ragionare non rientra nel “modello unico” universalmente accettato.

Anno dopo anno le statistiche venivano aggiornate: 83esimo  posto nel Global Gender Gap noi italiane, quell’indice che misura la differenza di genere in tutto il mondo; sottopagate, sottoutilizzate, disoccupate.

Eppure ne incontri a migliaia di ragazze brillantissime, di donne geniali, di mature e competenti.
Che fingono di essere meno di quello che sono. E intanto sorridono perché il sistema si è pure inventato un modo efficacissimo di tenerci a bada: se ti lamenti sei una rompiscatole. Se ti ribelli sei una femminista, dunque sfigata. Dai allora, ridi.

Poi accade che dall’altra parte del mondo una manciata di Donne dica “basta” adesso non ci sto più, adesso io queste regole del gioco voglio sparigliarle, costi quel che costi.

E succede che a centinaia di migliaia le seguano.
Sarà la Rivoluzione che stavamo aspettando?

#metoo “Sì anch’io ho dovuto subire lo scambio impari tra lavoro e i nostri corpi”
#metoo “Sì anch’io ero ragazzina e non sapevo come reagire”
#metoo “Sì anch’io avevo paura di perdere il lavoro”

 

E se la rabbia monta come un’onda è il momento di riscattare oltre ai nostri corpi, le nostre belle menti inutilizzate.

Un corpo liberato da mani intrusive, contiene un pensiero libero di affermarsi.

Tutta la Vita fingendo di essere meno di quel che siamo.
Basta.
Il momento è questo.

Prendiamoci ciò che ci spetta.

Ovunque nel mondo, afferriamo i nostri diritti.

 

Tra 3 mesi nel nostro Paese ci saranno le elezioni.

Contiamo così poco che i partiti si dimenticano delle Donne.
Non ci temono, sanno che taceremo.
Che chineremo la testa.
Che faremo il loro gioco: “Dai non lamentarti per i tuoi diritti, non vedi in che condizione è l’Italia? Ci sono bisogni impellenti”

Invece ora siamo certe che sono proprio i nostri diritti l’urgenza improcrastinabile.
Prendiamone coscienza: è l’Italia che ha bisogno delle Donne, è questa società in ginocchio che ci sta chiamando.
Sono i bambini e le bambine.
Sono le anziane con gli anziani.
E’ la scuola.
E’ il lavoro che non c’è.
E’ il futuro dei ragazzi e ragazze.
Non dobbiamo temere.
Nemmeno di dire che là fuori, per queste elezioni ci sono anche uomini mediocri, senza talento, alcuni senza capacità né di leadership né di coesione.
Non viene loro nemmeno in mente che noi ci siamo.
Che lo capiscano invece velocemente.
Che questa volta non li voteremo, se i nostri diritti non saranno al primo posto del loro programma e  se non ci saranno donne valide coraggiose e capaci a rappresentarci.

Tutta la vita fingendo di essere meno di quel che siamo.
Invece siamo indispensabili al Paese, al Mondo.

Dai, è questa l’ora.
Avanti.