“Il mezzo digitale è strettamente legato a uno stato di eccitazione. In passato, se si voleva contestare qualcuno, bisognava procurarsi carta e francobollo, scrivere una lettera, imbustarla, eccetera. Un lungo processo che scaricava l’eccitazione. Oggi, invece, basta un clic per indignarsi e scatenare online “shitstorm” diffamatorie. Spesso la comunicazione digitale ha un enorme frastuono di sottofondo e ci fa perdere la capacità di ascoltare, facoltà cruciale della democrazia. Eppure, solo nel silenzio possiamo trovare “l’altro”.
Byun-Chul Han, filosofo e docente di Teoria dei Media

C’è qualcosa che non va.
Come sanno quelle/i che frequentano con regolarità questa pagina, noi qui trattiamo di diritti delle Donne e di Educazione ai Media: temi molto correlati, anche se poche ancora in Italia ne sono consapevoli, ed è una grave mancanza.
Quindi molto sappiamo della rete e di come funzioni e non funzioni.
Uno dei problemi più gravi è la quantità di ODIO che si riversa giornalmente sul web, tanto da creare degli Odiatori giornalieri, che di mestiere quello fanno: odiare gli/le altre.
Sappiamo dei troll. Ma oramai non ci si nasconde nemmeno più.
C’era tempo fa il docente di una nota università che insultava pubblicamente una giornalista dalla sua pagina FB senza vergognarsi minimamente, e il caso sembrò uno scandalo.
Poi divenne normale.
E dunque i /le politici mandano aff… altri politici, intellettuali deridono altri intellettuali e così via.
Tanto che oramai, mi dicono le professoresse nelle scuole, diventa difficile ammonire gli studenti avvezzi al cyberbullismo dalle loro pagine o dalla rete ASK:Zanardo, mi dicono, come facciamo a dire loro che “non si fa” ciò che gli adulti praticano giornalmente?
Ragazzine e ragazzini, 14 e quindicenni si sono tolti la vita negli ultimi anni, per l’odio che i loro “amici e amiche” avevano riversato su di loro.
Impossibile da comprendersi, dicevano smarriti le e gli adulti.
“Come mai ci si toglie la vita per così poco?”
domandavano genitori a scuola senza trovare una chiave di comprensione alla volontà di togliersi la vita per “qualcosa che non esiste, è solo internet”.
E però, se la rete ha sostituito molto altro, se la lettura dei giornali avviene online, il confronto di idee pure, la ricerca di amici anche, quattro chiacchiere si fanno quasi solo in chat, twitter per creare l’illusione di essere attiviste/i mentre invece si è fermamente seduti sulla sedia a casa alzando ritmicamente il dito indice per cliccare i tasti,persino amore e sesso dalla tastiera, ecco allora non pare più così strano che di rete si possa morire.
Milioni di essere umani che trascorrono davanti un monitor un numero di ore che arriva alla totalità della giornata, mai disconnessi.
E se gli/le adulte non giungono ad uccidersi per essere stati denigrati in rete, certo che gli insulti, gli scherni, la rabbia sputata, fanno molto male.
A chi?
Certo a chi è oggetto degli insulti ma anche a chi l’odio produce. E, quel che è peggio, a tutte/i gli e le altre intorno, che leggono.
Sul caso BURKINI e ieri sul caso FERTILITY DAY e in molti casi ancora, abbiamo assistito al peggio che adulte/i potessero mostrare. E come è evidente non mi riferisco alle giuste critiche.
Spero che pochi/e giovanissimi/e abbiano letto.

Ma ciò che è gravissimo, inaudito, è che a queste campagne di odio partecipano individui di entrambi i sessi che sono giornalisti, politici, scrittori/trici. Persone che sanno ciò che fanno. Persone che conoscono come funziona la rete e sanno che ciò che scrivi dalla tastiera di casa tua verrà ripreso e rilanciato da centinaia e talvolta migliaia di persone.
Veri hooligans di internet.
Le modalità con cui scrivono i loro testi sono da consumati esperti di comunicazione atte ad attirare attenzione e dunque followers. Ed è un modo rapace, che tende al sarcasmo, al facile insulto, alla risata cattiva.
Fenomeno grave.
Reso ancora peggiore da chi questi odiatori ed odiatrici rilancia.
E non ti aspetteresti di trovarci persone “normali” tra quelli/e che non gettano l’odio in rete per prime, ma lo ritwittano, lo ripostano.
Insegnanti, professionisti, scrittrici/ori famose e stimate.
Fenomeno gravissimo.
Ma c’è qualcosa che si sta facendo strada ed è ancora più grave per le conseguenze a cui conduce.
I professionisti dell’odio si organizzano in bande, una sorta di lobby cattiva.
Badate: parlo di adulti/e non di ragazzini/e.
Le bande non sono decise “a tavolino” ma si formano intorno ad un tweet costruito con sagacia offensiva e gli “amici” rilanciano. Certi che il giorno dopo saranno loro ad essere supportati da chi oggi supportano.
Squadristi.
“Le scrivo qui nei messaggi di FB, alla sua posta Lorella, perchè la violenza di alcuni commentatori/trici, di alcuni su twitter, di quel o di quella giornalista, mi fanno paura e io non ho il linguaggio sgamato per tenere testa”
Negli ultimi giorni ho ricevuto moltissimi messaggi di questo tono.
Alcuni temi sono impossibile da trattare in rete pena lo scatenamento delle truppe d’assalto: l’omeopatia, i vaccini, gli animali, la dieta vegetariana/vegana verso un’alimentazione generalista, alcuni temi riferiti alle donne e ai loro diritti, la messa in discussione del multiculturalismo.
Le persone “normali” quelle non organizzate per bande virtuali, temono la rete.

E dunque questo post serve a dirvi:
riprendiamoci il nostro spazio.
Nessuna paura, viviamo in una democrazia: usiamone i diritti.
Non rispondiamo con insulti agli insulti. Con minacce alle minacce.Ci arrabbieremo, ci innervosiremo ma non scadremo al livello degli e delle odiatori di professione. E’ una delle forme più meschine per l’essere umano prendere di mira una persona per cercare di denigrarla.
Quando uscì Il Corpo delle Donne, ancora vi era il Primo Ministro Berlusconi ed esplose la vicenda olgettine, decine di giornalisti stranieri mi domandavano perchè non attaccassi mai direttamente il Premier o le ragazze coinvolte negli scandali. Mai avete letto da queste pagine o dal mio account twitter o nelle mie interviste attacchi personali e offensivi.
E’ buonismo?
Per niente.
E’ una strategia virtuosa per costruire il mondo in cui ci piace vivere. Ma ancor più in cui vogliamo che i nostri e le nostre figlie crescano bene.
Possiamo scegliere di essere dure, all’occorrenza durissime, in grado di smontare una teoria offensiva, rivolgere le nostre critiche alle massime cariche dello Stato con competenza e fermezza. Questo sì che serve.

Allora RIPRENDIAMOCI il nostro SPAZIO.
NESSUNA PAURA.
Non autocensuriamoci. Lasceremmo lo spazio alla parte peggiore della società.
Esercitatevi giornalmente alla democrazia.
Vi ricordate? Dicevamo a scuola anni fa ” mezz’ora di protesta al giorno per come veniamo rappresentate. Protesta educata e firmata. Scrivetelo sui diari, mezz’ora al giorno” così è avvenuto con risultati positivi visibili a tutte/i.

Ora andiamo avanti.