Ho sempre provato rispetto e ammirazione per quelle coppie che riescono a trascorrere la vita insieme restando innamorati rispettosi e condividendo un progetto comune di spessore.
Ce ne sono poche in verità.
Più spesso si sta insieme per abitudine convenienza paura.
I matrimoni che una volta duravano anni spesso resistevano per convenzione e per impossibilità, per le donne, di rifarsi una vita.
Ma chi riesce a crescere negli anni insieme al/alla proprio coniuge e ad “essere Due” nel rispetto reciproco, compie qualcosa di importante.
Ne conosco di queste coppie e hanno una caratteristica comune: sono generosamente aperte al mondo e al pensiero degli e delle altre.
In casa loro si incontrano donne single, madri separate, coppie gay, uomini soli.
Se ne ricava l’impressione che il loro “successo” di coppia (passatemi il termine) sia dovuto proprio a questa loro capacità di apertura verso il mondo, al loro essere due in mezzo ad una moltitudine.
Mi piacciono meno, molto meno , tutte quelle persone, in famiglia o single, che ci impongono una “ricetta di vita” unica a cui dovremmo aderire.
“Loro sanno” ciò che è giusto e “gli/le altre” devono adeguarsi.
E’ un atteggiamento negativo chiuso oscurantista e pericoloso.
Essendo poi io amante della verità anche quando il prezzo da pagare è alto, constato come queste persone vivano spesso all’interno di menzogne colossali.
Amici 50enni gay le cui famiglie negano l’evidenza e continuano a chiedere ai loro sofferentissimi figli “allora quando mi presenti la fidanzata?”
Adolescenti che ci scrivono mail piene di dolore perché non trovano ascolto da madri e padri impegnati a costruire il “modello unico familiare”.
Tradimenti evidenti e negati.
Notizie come queste nella foto: chi sono questi turisti in cerca di sesso minorile? Ci saranno anche alcuni di quelli che sfilavano domenica?
Credo di sì.
Ricordo la madre di una mia amica al liceo:quando scoprì che la figlia adolescente aveva avuto un rapporto sessuale le chiese allarmata “chi lo sa? chi ti ha visto?”
Vite rovinate in nome dell’appartenenza ad uno stereotipo.
Uscirne spesso significa iniziare a viver