Ada, hai allungato la mano verso il bicchiere d’acqua ? Non ce l’hai fatta ad aprire il rubinetto, troppo lontano dalla tua poltrona, e nessuno ad aiutarti a percorre quel mezzo metro che magari ti salvava la vita, o forse no.
Dimmi Bice, quando hai lanciato l’ultimo sguardo dalla finestra di casa tua, quella da dove si vede la piazza deserta di questa Milano deserta e devastata dal caldo tropicale, hai sperato ancora di vedere tuo figlio che arrivava a salutarti? Dieci anni che non lo vedi e tu che ancora senti nelle narici il suo odore di bambino; sono passati più di 50 anni da quando correva nella strada sotto casa e tu lavoravi come una matta a pulire le case degli altri, ma eri giovani e felice e forte. E poi lo amavi così tanto, che 10 ore con la schiena china ti parevano niente in confronto alla gioia furibonda che ti prendeva quando lo stringevi.
Matilde quanto male ti faceva l’artrosi all’anca destra? Male da
stringere i denti già a 50 anni, ma c’erano i figli da crescere, i panni da lavare, i letti da rifare, i pasti da preparare. Poi sei rimasta sola, la pensione sociale non ti faceva arrivare a fine mese, l’assistente sociale era carina, ma poverina aveva tante persone a cui pensare. E le notti Matilde, le notti che non passavano mai, i ricordi tanti belli e brutti. E quel dolore sordo da morsicare il lenzuolo perché la camera è piccola e di là potrebbero sentirti e tu hai una dignità, tu non ti sei mai fatta vedere a piangere, tu sei forte.
Carolina, non ti sei mai ripresa dalla vergogna dell’articolo sui giornali dove raccontavano che ti avevano trovato con quella scatolina di tic tac in tasca, 80 centesimi che non avevi e quella voglia che ti aveva preso di quel sapore di menta buona che ti si scioglie in bocca… mai avevi rubato, non sei mica una ladra! Poi il direttore del negozio, brava persona, ti aveva redarguito la polizia no, non l’ aveva chiamata, ma da quel giorno tu ti senti avvampare ogni volta che qualcuno pronuncia il tuo nome: magari ti riconosce, “è quella del giornale”.
Elisabetta cambiarsi era diventata una fatica enorme. E poi i pannoloni, che vergogna come fossi una bambina!, costano tanto e uno te lo facevi durare anche due giorni. E quando la signora Gina ti ha detto che, sì insomma, avevi un po’ di odore, tu sei avvampata e da quel giorno uscivi poco, quasi mai, per paura che la gente al parchetto “sentisse” e tu ne saresti morta di imbarazzo.
Faceva caldo.
La stanza era piccola.
La finestra era chiusa.
Faceva molto caldo.
Tu sudavi.L’odore della pattumiera che nessuno aveva portato al bidone, si era fatto insopportabile.
Di frutta, così fresca, non ne mangiavi da 3 settimane. Una pesca ti sarebbe piaciuta tanto.
Faceva un caldo insopportabile.
La testa ti sudava, i capelli si appiccicavano alla fronte.
Ti sei passata la mano sul viso.
Il rubinetto pareva vicino.
Non ti alzi da 1 mese, e arrivarci, all’acqua, richiederebbe di alzarsi e camminare.
Vorresti una birra.Sì, una birra come a vent’anni.Non la bevi da tanto.
Ti fa male girarti nel letto.
Faceva un caldo..troppo caldo.
La gente va al mare. Chissà se è ancora come quando ci andavi con Aldo: vi buttavate tra le onde e tu ridevi e lui ti spruzzava…..e tu ..ridevi.
Il pannolone è pieno di pipì, ti brucia tanto, non riesci a cambiarlo da giorni.
Vorresti lavarti.
Vorresti una spugna.
Più di tutto vorresti una mano sulla tua fronte.
In queste ultime settimane centinaia di anziane e anziani sono morti. Dal caldo. Non è più indispensabile andare nelle missioni per aiutare il prossimo:crepare di caldo è atroce.Ti manca il fiato, ti senti svenire, vorresti un bicchiere d’acqua, una stanza areata, una fetta d’anguria:basterebbero per non crepare da sola con i ricordi che ti sommergono.
Un ultimo nome invocato e comprendere che te ne stai andando. E la mano, quella mano di un figlio,di una sorella, di un marito che non c’è più.
E il prossimo, che non c’è.
Crepare da sole in Italia, Torino, Milano, Venezia. Il Nord sviluppato e moderno.
Se dovessi dire cosa descrive una società arrivata al capolinea, spietata, mostruosa, alla deriva, descriverei l’Italia oggi, con la morte in miseria e in solitudine dei Padri e delle Madri.
E noi, le Donne Marginali, che abbiamo abdicato al nostro ruolo.E non siamo dove dovremmo essere.
Tenere insieme,non abbandonare.
Il virtuale è tanto utile.Ma quello che sta accadendo nella vita, quella vera, ci chiama in causa.
E’ ora. E’ ora.
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