Per il 1 aprile alcuni youtuber famosi hanno organizzato uno scherzo efficace per sollevare l’attenzione sul linguaggio d’odio che si scatena in rete, spesso tutti/e contro uno/a: chi l’ha provato sa che può fare molto male.
Ebbene una giovane youtuber ha accusato dal suo profilo twitter la famosissima Sofia Viscardi di non essere l’autrice del libro best seller “Succede” e, sorprendendo il folto pubblico che segue entrambe ha twittato “Sono io l’autrice di quel libro, sono la ghost writer”
A quel punto Sofia Viscardi ha replicato innescando un litigio su twitter dai toni violenti. Il risultato è stato che una folla di haters ha riversato su Sofia odio allo stato purissimo.
Non era vero, era tutto organizzato ma, a mio avviso, è stato uno scherzo efficace, che ha focalizzato l’attenzione su di un tema pericoloso: l’odio online che si nutre di parole che hanno il potere di ferire e talvolta di distruggere.
Gli/le odiatrici non sono solo persone ignoranti ed emarginate: ciò che stupisce è che appartengono trasversalmente a tutti i gruppi sociali, anche quelli più colti e preparati.
Ricordo anni fa una giornalista che postava alcune riflessioni sulla sua pagina FB e fu insultata pesantemente con parolacce feroci da un signore che poi si rivelò essere un professore universitario.
Ma non è tutto.
Ciò che fa il danno maggiore online, più degli insulti, anche inaspettati, delle singole persone,è lo SQUADRISMO e cioè attacchi verbali feroci organizzati contro un/a malcapitata esercitati da un gruppo organizzato.
CHi partecipa alla campagna di odio non è detto che provi realmente odio per l’oggetto della campagna denigratoria, ciò che lo/a fa agire è “l’Appartenenza” al gruppo a cui il primo a “scagliare la pietra” appartiene.
Potremmo sintetizzare che più della ferocia conta il sentirsi parte.
A questa dinamica si rifanno persone delle provenienze più varie:buzzurri ed ignoranti, universitarie anziane e giovani, professori di scuole medie e di liceo, femministe di tutti i tipi, hooligans, giovani studenti modello, medici e così via.
Ne ho fatta l’esperienza la scorsa estate quando espressi la mia opinione- opinione personale pacata ed informata- e fui assalita dallo squadrismo di twitter oltre che di FB.
Non ho mai risposto alla polemica aggressiva ma
ho tenuto i tanti tweet contrari e derisori a ciò che esprimevo ( ce ne furono in numero decisamente maggiore a sostegno): molti erano di giornalisti, alcuni erano di scrittrici note ! che adottavano questa dinamica : io sono amica della tale, la tale scrive un tweet sarcastico contro Zanardo, io la penso come la tale in generale, e quindi mi accodo alla tale contro Zanardo, che non conosco bene, ma fa niente.
Abbiamo tenuto traccia di tutto perchè come sempre, ci costruiremo dei casi da discutere in pubblico per comprendere cosa accade in rete e analizzarne le dinamiche.
Scrittrici di cui ci si sorprenderebbe che siano hooligans della rete, ma che lo diventano in presenza di un obiettivo da distruggere per svariate ragioni.
PAROLE (O)STILI è il titolo di un convegno organizzato a Trieste sul tema qualche tempo fa: mi avevano invitata ma purtroppo non ho potuto partecipare. Ed è un peccato perchè avrei messo il dito in una piaga che si finge di non vedere: il problema non sono solo i ragazzini che insultano online: questi hanno almeno la scusante di essere giovani e inconsapevoli.
Il problema è che talvolta gli/le stesse che disquisiscono di cyberbullismo e di netiquette, agiscono la violenza online: capirete che è molto più grave rispetto alla violenza agita da un tredicenne.
Parole ostili non sono come è evidente solo insulti smaccati: “Tr..a” “Pu….a” e simili.
Parole ostili e dannose possono essere avverbi, conferme, aggettivi apparentemente innocui e postati al momento giusto durante un attacco squadrista.
Se ad esempio un gruppo sta dando della cicciona lardosa ad una ragazza, ciò che può far male non è aggiungere l’ennesimo insulto smaccato, ma una conferma postata da un leader riconosciuto del gruppo e dunque dopo una raffica di insulti beceri, si aggiunge il commento atteso del capo/a branco: “Già” oppure “vero” oppure “sacrosanto”. Dalla conferma del capobranco/leader/scrittrice nota, gli avvoltoi si cibano per ricaricare le pile e continuare a riversare il loro odio.
Dunque ben vengano dotti articoli su come liberarci dal cyberbullismo.
Ma non dimentichiamo di partire dagli/dalle adulte per educare al rispetto ed alla educazione.
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