Ho scritto questo articolo per Il Fatto Quotidiano di oggi

Il caso di Giulio Regeni ci pone di fronte ad un tema complesso e chiama noi adulte ed adulti a farci carico di responsabilità nei confronti dei giovani alle quali da troppo tempo abbiamo abdicato.
Ero presente alla Cerimonia funebre per Giulio a Fiumicello.
Molti gli interventi da parte dei compagni di cammino: c’erano giovani da molti Paesi, a testimonianza di quanto Giulio Regeni fosse nonostante la giovane età, un vero cittadino del mondo.
Nel suo commosso intervento la Direttrice del Collegio del Mondo Unito, che Giulio aveva frequentato, sosteneva di sentire la responsabilità per i valori che Regeni aveva lì respirato e adottato come prioritari nella sua vita tanto da diventare, aggiungo io, le ragioni del suo assassinio: l’educazione come forza per unire i popoli, la comprensione internazionale ed interculturale, la Celebrazione della differenza, la Responsabilità ed integrità personali la compassione e, oltre all’impegno personale e l’azione come esempio personale, il senso di Idealismo.
Sono questi valori che ci riempiono di ammirazione, quando li leggiamo tra gli obiettivi educativi comunicati da un ateneo prestigioso o adottati da ragazzi e ragazze particolarmente in gamba.
David Runciman, Direttore del Dipartimento di Politica e Scienze Internazionali che comprende il Girton College dove Giulio Regeni studiava, ha da tempo scritto una lettera al Console egiziano a Londra esprimendo oltre al dolore, la ferma volontà di venire informati sulle azioni investigative condotte dal governo egiziano.
Giulio, per conto del college di Cambridge infatti, stava conducendo quella che gli anglosassoni definiscono “field research” valutata tanto importante quanto la ricerca teorica accademica: significa raccogliere dati sul campo, in altre parole arricchire la teoria di esperienza, andando a conoscere personalmente ciò di cui poi si scriverà: nel caso di Regeni la sua ricerca prevedeva la conoscenza diretta del movimento dei sindacati dei lavoratori in Egitto.
Diversi autorevoli docenti anglosassoni hanno sostenuto che, senza quella ricerca sul campo compiuta per lo più da giovani ricercatori, non avrebbero materiale da cui trarre i loro saggi e le loro considerazioni.

Sin dal primo giorno però in cui i media hanno comunicato dapprima la scomparsa e successivamente la morte di Giulio Regeni, è apparso evidente il “doppio standard” con cui i fatti venivano comunicati: da un lato lo sgomento e la richiesta di chiarimenti, dall’altro l’imbarazzato ma costante memento sui tanti rapporti che legano il nostro Paese all’Egitto, in particolare di tipo commerciale.
Non entro nel merito se sia o meno giusto anteporre ragioni di stampo economico ad altre di tipo etico: molti risponderebbero che dietro alle nostre relazioni commerciali con l’Egitto non ci sono solo aride ragioni pecuniarie, bensì posti di lavoro.
Anche oggi, all’indomani della decisione del nostro Senato di bloccare le forniture per gli F16 all’Egitto, la domanda che vorrei porre è di altro genere e riguarda la Verità, quella che dovrebbe stare alla base di ogni rapporto, in particolare tra generazioni; quella verità senza la quale la coesione sociale vacilla, con tutto ciò che ne consegue.
Se le ragioni dell’Economia dunque hanno oggi evidentemente la precedenza su ogni altra considerazione è giusto che noi adulte e adulti si continui a fingere?
E’ giusto fingere di credere che obiettivi come quelli seguiti da Giulio e da migliaia di giovani siano da noi apprezzati e condivisi ?
E’ corretto che Università tra le più prestigiose continuino ad attrarre i giovani migliori, e con ciò intendo i più idealisti, i più disponibili a credere che un altro mondo sia possibile, se poi loro, noi, siamo consapevoli che quelle “mission” idealistiche, innovative e talvolta rivoluzionarie espresse sui loro siti, rappresenteranno un pericolo se verranno prese sul serio dai giovani, perchè noi adulti abbiamo scelto logiche utilitaristiche sulle quali impostare le relazioni?

Consapevoli di avere ceduto a principi spesso lontani dal rispetto dei diritti fondamentali, stiamo usando i giovani per mantenere viva l’ultima scintilla di ideale che conserviamo?
Placate così le nostre coscienze, fingiamo di apprezzare quei valori che sappiamo essere poi lontani dalla vita che abbiamo scelto di condurre e dalle logiche che vogliamo che regolino le nostre società.

La ricerca delle ragioni sulla morte di Giulio può divenire allora non solo un dovere ma una grande possibilità per un improcastinabile cambio di paradigma, per uscire dalla finzione all’interno della quale noi adulti abbiamo impostato la relazione con i giovani, per dimostrare che i valori in cui credono sono da noi condivisi e possono essere realizzati concretamente.
Sarebbe un primo passo verso la verità come valore fondante delle società e del patto intergenerazionale.